 |  |  |
Quando a maggio il vento serenava tra i rami delle acacie madreperla lenti s'ondulavano grovigli di luce. Ed era una pazzia di brividi nell'aria.
Or mi giungeva il grido del pavone danzante tra i suoi cerchi di cristallo. Ricordo lo seguivo fino a valle per poi gustarne 1'eco modulata.
Sul tremolio dell'ombra del celfoglio beccava il mio pulcino e sobbalzava al guizzo di un ramarro ombroso. Un alito di cielo m'avvolgeva.
Poi le follie ovattate delle nevi. Le policrome paci degli arcobaleni. I diademi dei coralli del tramonto. Notti di vetro appena respirate.
Un'esile voce intrisa di silenzio metafisici desideri mi destava. Nella semantica del creato l'infinito. E dentro la mia mente era preghiera. |
|
|
|
|