Un'esile voce

Quando a maggio il vento
serenava
tra i rami delle acacie
madreperla
lenti s'ondulavano grovigli
di luce.
Ed era una pazzia di brividi
nell'aria.

Or mi giungeva il grido
del pavone
danzante tra i suoi cerchi
di cristallo.
Ricordo lo seguivo fino
a valle
per poi gustarne 1'eco
modulata.

Sul tremolio dell'ombra
del celfoglio
beccava il mio pulcino
e sobbalzava
al guizzo di un ramarro
ombroso.
Un alito di cielo m'avvolgeva.

Poi le follie ovattate
delle nevi.
Le policrome paci
degli arcobaleni.
I diademi dei coralli
del tramonto.
Notti di vetro appena respirate.

Un'esile voce intrisa
di silenzio
metafisici desideri
mi destava.
Nella semantica del creato
l'infinito. E dentro la mia mente
era preghiera.